Le fasi e gli strumenti dell’analisi di rischio utilizzata per redigere lo Studio e il Rapporto di Sicurezza, determinare la compatibilità territoriale e pianificare le emergenze esterne.

Le diverse fasi dell’analisi di rischio sono caratterizzate dall’uso di molteplici strumenti:

  • Analisi delle aree critiche: il metodo a indici adottato fa riferimento all’All. II del DPCM 31.03.89 (impianti di produzione), al DM 20.10.98 (depositi liquidi tossici/infiammabili) e al DM 15.05.96 (Depositi di GPL). Il metodo individua le unità maggiormente critiche, costituisce elemento di valutazione da parte delle autorità per le realtà impiantistiche più semplici e fornisce elementi di compatibilità territoriale per i depositi di liquidi tossici/infiammabili e per il GPL. I nostri software MIND e MINDGPL (gratuiti, scaricabili dal sito) permettono di svolgere l’analisi per i depositi.
  • Analisi storica: verificare se in realtà analoghe, utilizzando sostanze di pari pericolosità, sono già occorse situazioni incidentali. In caso affermativo è possibile verificare se tali eventi possano ripetersi nella realtà analizzata, traendone informazioni utili sulle misure di protezione e prevenzione da intraprendere.
  • Individuazione degli eventi incidentali: integra i risultati dell’analisi storica, attraverso tecniche quali l’analisi di operabilità (HAZOP) o l’individuazione dei modi di guasto (FMEA). Grazie a queste tecniche si individuano possibili concatenazioni incidentali e l’indicazione degli interventi ingegneristici e procedurali raccomandati per ridurre probabilità di insorgenza ed entità delle conseguenze degli eventi incidentali. Si tratta di tecniche impiegate soprattutto nelle realtà complesse, che comportano un maggior impegno ma garantiscono la riduzione degli errori di progettazione e il miglioramento dei fattori di servizio. Quando non sia necessario ricorrere a questi strumenti, come in realtà più semplici, è possibile anche procedere tramite apposite check-list.
  • Valutazione della probabilità: attraverso l’Analisi di Operabilità o altre tecniche di individuazione degli eventi, si considera la probabilità di insorgenza delle ipotesi incidentali identificate. Si calcola la frequenza di accadimento dell’evento iniziatore e la probabilità che questo evolva in incidenti rilevanti, tenendo conto della probabilità di mancato intervento delle protezioni attive e passive in atto. La valutazione può essere sia qualitativo (individuazione del numero di eventi indipendenti necessari) sia quantitativo. Nel secondo caso si procede alla stima delle frequenze incidentali attese mediante l’approntamento e la risoluzione matematica di alberi logici (alberi di guasto ed alberi di eventi). Le rotture random sono inoltre verificate secondo lo standard API 581 aggiornato.
  • Stima delle conseguenze degli eventi incidentali: i risultati dell’analisi di operabilità sono ulteriormente indagati attraverso modelli per la simulazione di incendi, esplosioni e rilasci di sostanze tossiche nell’aria (danni alle persone) e nell’acqua (danni all’ambiente). Gli effetti delle conseguenze sono rappresentati come distanze di superamento di limiti di soglia prefissati. È possibile inoltre valutare la probabilità di danno atteso utilizzando modelli di vulnerabilità come le equazioni di probit. La stima delle conseguenze dei singoli eventi permette anche di valutare l’interazione tra impianti differenti (effetto domino) e fornisce elementi per formulare il piano di emergenza esterna.
  • Comunicazione dei rischi alla popolazione: è un obbligo previsto dal D.Lgs. 105/15. Questa attività, delicata e di grande importanza, è la base di un corretto scambio di informazioni tra l’azienda e i soggetti interessati del territorio circostante.


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