METODI ALGORITMICI E INDICI DI CONTAMINAZIONE MICROBICA

La valutazione del rischio biologico è un adempimento del Datore di Lavoro e attiene le attività che comportano rischio di esposizione ad agenti biologici, sia accidentale che per utilizzo deliberato.

La valutazione si basa sull’equazione: R = P x D, in cui R rappresenta il rischio biologico, P è la probabilità di contagio derivante dalle lavorazioni e D è il danno correlato all’esposizione all’agente biologico.

Il danno derivante dal contagio con agenti biologici è definito principalmente dalle caratteristiche intrinseche dei microrganismi che sono rappresentate da:

  • Infettività – capacità di un microrganismo da insediarsi in un ospite, di riprodursi e di provocare patologie.
  • Patogenicità – capacità di alcuni microrganismi di provocare malattie a seguito di infezioni.
  • Trasmissibilità – capacità di un microrganismo di essere trasmesso da un soggetto portatore ad uno non infetto.
  • Neutralizzabilità – è la possibilità di prevenire o curare con efficaci misure profilattiche o terapeutiche le infezioni.

Il D.Lgs. 81/08 all’Allegato XVLI riporta la classificazione degli agenti biologici sulla base di tali parametri, in cui ciascun agente viene inserito ai criteri che sono sotto riportati. Agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani.

  • Agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
  • Agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
  • Agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

Nella Valutazione del rischio, dunque, il datore di lavoro tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:

  • Classificazione agenti biologici
  • Informazione sulle malattie che possono essere contratte
  • Potenziali effetti allergici e tossici
  • Insorgenza di eventuali patologie infettive professionali
  • Sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici
  • Eventuali situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio

Per ottenere tale risultato, la Valutazione deve essere applicata in modo strutturato e per fare questo si fonda su:

  • analisi dettagliata del ciclo lavorativo;
  • suddivisione in una sequenza ordinata di fasi;
  • individuazione dei modi di esposizione e delle aree/punti critici;
  • definizione delle misure in atto;
  • verifica dell’adeguatezza delle misure specifiche prescritte ed ulteriori adempimenti
  • valutazione del rischio;
  • piano di miglioramento.

La valutazione può essere effettuata con metodologie quali/quantitative ovvero con algoritmi di calcolo più o meno semplificati che, in base all’analisi dei fattori sopra menzionati, identificano il grado di esposizione dei lavoratori. In molte circostanze questa valutazione viene utilmente integrata con misurazioni ambientali che forniscono elementi utili per verificare l’efficacia delle misure tecniche e organizzative-gestionali messe in atto per ridurre l’esposizione.

Nel seguito si illustra brevemente una metodologia di valutazione che, basandosi sull’utilizzo sia di metodi algoritmici che di monitoraggi, ne integra i risultati in una specifica matrice di associazione ambiente/attività/mansione.

Sono presentate, quindi due metodologie indicizzate, quella di Inail di tipo semplificato a matrice, che nata in ambito sanitario è stata poi applicata anche in altri contesti lavorativi, e TEBE, la metodologia progettata da Sindar ed applicata nelle diverse attività a rischio potenziale elencate in ALLEGATO XLIV del D.Lgs. 81/08, compreso l’uso deliberato.

Per quanto attiene invece i monitoraggi, in assenza di valori soglia internazionalmente riconosciuti, che consentano di valutare il possibile inquinamento microbiologico, in Italia, Dacarro e collaboratori hanno proposto un approccio che si avvale dell’utilizzo di particolari “indici di contaminazione microbica”, atti a fornire un giudizio sulla qualità dell’aria degli ambienti di lavoro.

LA METODOLOGIA INDICIZZATA “INAIL” 

Il metodo proposto da Inail per la valutazione indicizzata del rischio biologico si basa su un algoritmo di calcolo semplificato in cui, attraverso l’analisi di specifici fattori, viene definito il grado di esposizione ad agenti biologici durante un’attività lavorativa e, in base a questo, sono individuate le misure di prevenzione e protezione atte a ridurre il livello di rischio conseguente.

La probabilità di contrarre contagio da agenti biologici corrisponde al grado di esposizione di un soggetto all’agente stesso L’esposizione è il risultato dell’incidenza di diversi fattori, che sono legati alle modalità e all’organizzazione del lavoro, quali:

  • la presenza dell’agente: (nell’ambiente di lavoro o per contaminazione non voluta);
  • il contatto con l’agente (si può trattare di contatto diretto, nel caso di presenza nella matrice quale refluo di depurazione, liquido biologico, rifiuto, oppure indiretto, se il contatto può avvenire attraverso strumenti o superfici potenzialmente contaminate);
  • la capacità di dispersione nell’ambiente (ad esempio la dispersione potrebbe essere connessa alla presenza di polveri o di bio-aerosol);
  • le modalità di esposizione (rappresentate dalla durata e frequenza nel turno di lavoro).

Vengono, poi, prese in considerazione le misure tecniche, organizzative-gestionali e i DPI che riducono il livello di rischio del lavoratore.

I modelli algoritmici operano secondo l’equazione classica P*D, dove:

  • il valore del fattore Danno è calcolato secondo una scala dal livello minimo, per gli agenti biologici di gruppo;
  • il valore del fattore Probabilità rappresenta la produttoria dei diversi parametri sopra individuati.

I risultati della matrice consentono l’individuazione di 3 aree a diverso grado di rischio a cui corrispondono 3 livelli di definizione del rischio stesso.

I primi due livelli di rischio identificano una situazione in cui la presenza, o possibile presenza, dell’agente biologico in relazione alle modalità di lavoro e ai sistemi di protezione, non determina un rischio significativo di contaminazione dell’ambiente di lavoro e di contagio per il personale.

Il livello di rischio alto definisce uno scenario in cui il rischio di contaminazione risulta rilevante, sia per le caratteristiche di pericolosità dell’agente biologico, sia per le condizioni di lavoro che determinano un elevato rischio di contagio per il personale; a questo livello di rischio devono essere adottati urgenti provvedimenti di prevenzione e protezione, nonché sorveglianza sanitaria per gli esposti.

LA METODOLOGIA INDICIZZATA “TEBE”

Un approccio integrato alla valutazione del rischio biologico è quello proposto da TEBE, la metodologia informatizzata sviluppata da Sindar ed applicata ai diversi contesti lavorativi, sia in ambito sanitario che in una delle altre attività elencate in ALLEGATO XLIV del D.Lgs. 81/08.

Nel seguito si riporta una breve descrizione della metodologia. Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare il seguente link

In termini generali, l’indicatore del rischio dato dalla produttoria dei:

  • parametri che descrivono la frequenza dell’evento in assenza di misure di prevenzione
  • parametri che descrivono le misure di prevenzione (riduzione della frequenza) prf
  • parametri che descrivono la magnitudo del danno in assenza di misure di protezione
  • parametri che descrivono le misure di protezione (riduzione della magnitudo del danno)

Parimenti, si può descrivere un indicatore del pericolo dato dalla produttoria dei parametri senza tenere conto delle misure di prevenzione e protezione.

Trattando di rischio da agenti biologici è chiaro che buona parte dell’indice di rischio (IR) debba essere ascritta alle caratteristiche delle attività, generali e particolari, svolte nei luoghi di lavoro e, nel caso di esposizione deliberata, dalla classificazione dell’agente biologico di cui si fa uso.

In altre parole l’indice di pericolo viene ad essere assegnato a ciascun compito lavorativo svolto in un determinato luogo di lavoro in base alla tipologia di Reparto/Luogo di lavoro e alla tipologia del compito lavorativo stesso.

L’indice di pericolo (IP) relativo ad una determinata situazione (ovvero connesso allo svolgimento di uno specifico compito in un luogo di lavoro all’interno di un reparto) viene ottenuto mediante somma degli indici base. In sostanza, questo si esplicita nella seguente equazione:

 IP = Ibase (Reparto) + Ibase (Compito lavorativo + Classificazione agenti)

 Nel caso di uso deliberato di più agenti il contributo all’I base è dato dalla “somma logaritmica degli indici dei singoli agenti”

L’indice di rischio (IR) viene calcolato in base ai fattori di riduzione ottenuti dalla analisi e tradotti nella compilazione di specifiche Check List. L’indice di rischio complessivo della Mansione terrà conto di tutte le circostanze di esposizione, ovvero dei compiti lavorativi svolti nei diversi reparti/luoghi di lavoro.

INDICI DI CONTAMINAZIONE MICROBICA

Gli indici di contaminazione microbica proposti da Dacarro e coll.  vengono calcolati in base ai risultati dei monitoraggi microbiologici.

Poiché diverse sono le categorie microbiche che concorrono alla genesi dell’inquinamento microbiologico, è proposto l’indice globale di contaminazione, IGCM, per la misura complessiva dell’inquinamento microbico ambientale, espresso dalla somma delle UFC (Unità Formazione Colonie) batteriche/m3 d’aria, determinate a 37°C (batteri mesofili) e a 20°C (batteri ambientali), e delle UFC micetiche/m3 d’aria, determinate a 20°C.

Valori di IGCM/m3 inferiori a 500 vengono associati, dagli Autori, alla categoria di contaminazione microbica “molto bassa”, mentre valori di IGCM/m3 superiori a 1000 sono collegati ad una significativa contaminazione microbica ambientale, più in generale sono proposte le seguenti categorie e classi di contaminazione.

Per la definizione della categoria ci si basa su valore calcolato di IGCM mentre per a classe viene valutato anche il valore calcolato di IA (Indice di Amplificazione). Tali indici sono calcolati come segue.

Categoria IGCM/m3 Classe
Molto bassa < 500 /
Bassa <1000 /
Intermedia >1000 A: ICM<3, IA<3
  B : ICM>3 o IA>3
  C : ICM>3, IA>3
Alta >5000 A: ICM<3, IA<3
  B : ICM>3 o IA>3
  C : ICM>3, IA>3
Molto alta >10.000 A: ICM<3, IA<3
B : ICM>3 o IA>3
C : ICM>3, IA>3

 Dove:

L’indice di contaminazione da batteri mesofili ICM (pari al rapporto tra la carica batterica determinata a 37° C e quella a 20°C) consentedi valutare il contributo all’inquinamento da parte dei batteri di origine umana e animale, tra i quali possono essere presenti specie potenzialmente patogene.

L’indice di amplificazione IA, pari al rapporto tra IGCM/m3 valutato all’interno e l’IGCM/m3 valutato all’esterno dell’ambiente da monitorare, permette di analizzare le differenze tra i livelli di contaminazione esterni ed interni, conseguenti alla attività lavorativa svolta (personale, macchine, materiali), con soglia di riferimento pari a 3.

VALUTAZIONE INTEGRATA DEL RISCHIO

La valutazione del rischio di tipo algoritmico può essere integrata con misurazioni ambientali (aria e superfici), che forniscono elementi utili per verificare l’efficacia delle misure tecniche e organizzative-gestionali messe in atto, ma che, da sole, non sono possono ritenersi esaustive per la valutazione dei rischi mansionali.

Un esempio dei criteri che possono essere utilizzati è rappresentato dalla matrice seguente:

Criteri generali Monitoraggio microbiologico
Categoria IGCM
Risultati della valutazione del rischio
Criteri generali di rischio trascurabile

1.   la potenziale presenza di agenti biologici può essere ragionevolmente comparata ad un fondo ambientale sovrapponibile a contesti tipici della popolazione generale non lavorativa;

2.   non sussistono le condizioni di esposizione (assenza di sorgenti di rischio o nessuna modalità di contatto tra l’agente e il lavoratore)

Molto bassa (<500) nel caso in cui sia stati effettuati monitoraggi microbiologici Rischio TRASCURABILE

 

Valutazione algoritmo BASSO Bassa (<1000) Rischio BASSO
Valutazione algoritmo MEDIO Intermedia (>1000)

A: IGCM>1000 e ICM <3; IA<3)

B: IGCM>1000 e ICM <3; IA>3)

B: IGCM>1000 e ICM >3; IA>3)

Rischio MEDIO
Valutazione algoritmo ALTO Alta (>5000)

 

Rischio ALTO
Valutazione algoritmo ALTO/MOLTO ALTO Molto alta (>10000) Rischio  MOLTO ALTO

I risultati portano ad identificare le priorità di intervento:

Livello Interventi
Trascurabile Non è necessario programmare interventi di miglioramento.

È sufficiente il mantenimento dell’attuale livello di rischio.

Basso Non è necessario programmare interventi di miglioramento.

Si possono prevedere interventi specifici in occasione di successivi aggiornamenti, suggeriti dallo sviluppo della normativa, della tecnologia e delle metodologie di prevenzione e protezione.

Medio Devono essere individuate delle aree di miglioramento e definire il relativo programma di attuazione nel medio termine.
Alto È necessario attuare con urgenza misure di carattere tecnico-organizzativo per ridurre il livello di rischio
Molto Alto Rischio Inaccettabile. Necessario bloccare l’attività sino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Naturalmente sarà necessario associare le mansioni (o gruppi omogenei) che operano nei diversi contesti analizzati. Una possibile rappresentazione è contenuta nella tabella seguente (esemplificativa):

Ambienti Applicazione del metodo algoritmico Monitoraggio microbiologico
Categoria IGCM
Risultati della valutazione mansionale Mansioni interessate Attività/ compiti lavorativi
Ambienti indoor (uffici e locali associati)

 

Batteri GRAM negativi, stafilococchi, Allergeni indoor della polvere etc.

TRASCURABILE TRASCURABILE Gruppo omogeneo 1 Attività amministrativa e equiparabile
Aree di impianto (es. gestione rifiuti)

 

Carica batterica mesofila e psicrofila

Carica fungina (muffe e lieviti)

Enterobatteri

Patogeni connessi alla presenza di roditori, blatte, volatili, etc.

MEDIO MEDIO  MEDIO Gruppo omogeneo 2 Pulizia piazzali (utilizzo mezzi e attrezzi manuali)
MEDIO BASSO MEDIO Gestione impianto (controllo e attività da sala quadri)
ALTO MEDIO ALTO Manutenzione impianti
Servizi socioassistenziali di impianto

 

Carica batterica mesofila e psicrofila

Carica fungina (muffe e lieviti)

Enterobatteri

BASSO BASSO BASSO Utilizzo servizi socio-assistenziali

Il livello di rischio mansionale prenderà in considerazione il valore massimo ottenuto per le diverse attività/luoghi/compiti lavorativi associati alla specifica mansione o al gruppo omogeneo.

In base alle risultanze sarà quindi possibile stabilire le tipologie e priorità delle azioni da mettere in atto per ridurre l’esposizione dei lavoratori, quali ad esempio:

  • Compartimentazione degli ambienti e separazione degli uffici amministrativi;
  • Compartimentazione delle strutture igieniche (spogliatoi, docce, lavabi…) per separare l’ambiente “sporco”,in cui sono conservati gli indumenti da lavoro, dall’ambiente “pulito” per gli abiti civili;
  • Pulizia “ad umido” degli ambienti;
  • Utilizzo lavaruote per i mezzi di lavoro;
  • Periodiche campagne di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione;
  • Divieto di mangiare, bere e fumare nei luoghi in cui sono svolte le lavorazioni sui rifiuti;
  • Minima manipolazione e movimentazione diretta dei rifiuti da parte degli operatori;
  • Minimo tempo di stazionamento dei rifiuti prima del trattamento;
  • Attrezzi manuali mantenuti puliti ed in efficienza, riposti nelle apposite custodie quando inutilizzati;
  • Manutenzione e pulizia con uso di idonei DPI;
  • Utilizzo di materiali e DPI monouso;
  • Adeguata informazione e formazione degli addetti sul rischi biologico ;
  • Sorveglianza sanitaria e vaccino-profilassi;
  • Monitoraggi microbiologici di controllo ripetuti periodicamente.
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