La Delibera Regionale 1897 del 30/05/2014 alle Province assegna un contributo di complessivi 2 milioni di euro (1 milione per ciascuna annualità) per supportare le Province nell’esercizio delle funzioni di protezione civile, di cui alla D.G.R. 220/2010.

Le risorse potranno essere impiegate per la gestione dell’Albo regionale del volontariato, l’implementazione delle colonne mobili, la gestione di Sale operative e Centri di emergenza ,la prevenzione del rischio idrogeologico, la redazione di piani di emergenza e la formazione dei volontari.

Nel seguito, potete trovare un breve disamina sui Piani di Emergenza, ma non esitate a contattarci se siete interessati ad approfondire l’argomento o se desiderate ricevere una descrizione dettagliata dei progetti sviluppati da Sindar per Provincie, Comuni, Associazioni Intercomunali. 

Obbiettivi del Piano

Il Piano di emergenza di protezione civile della Provincia è uno strumento della pianificazione che, sulla base di scenari di riferimento definiti attraverso il Programma di previsione e prevenzione, individua e designa le diverse strategie finalizzate a ridurre il danno nonché al superamento della fase acuta dell’emergenza.

Obiettivo del Piano è la salvaguardia delle persone e, quando possibile, dei beni presenti in un’area a rischio,attraverso l’utilizzo di strategie non strutturali finalizzate alla minimizzazione del danno producibile per un determinato evento calamitoso.

Uno strumento perciò importante e strategico che porta la Provincia ad assumere, in materia di protezione civile, un ruolo importante.

Con esso si ha l’obbiettivo di delineare l’organizzazione locale di protezione civile, le modalità di attivazione e di intervento della stessa e le risorse necessarie per attuare gli interventi necessari nelle diverse tipologie di eventi calamitosi.
La realizzazione di questo strumento implica l’attivazione di un coordinamento di quei protagonisti del sistema di protezione civile che devono trovare nel piano di emergenza una precisa collocazione con la definizione dei compiti e dei ruoli che i diversi enti hanno durante la gestione del soccorso in adempimento ai compiti istituzionali loro affidati. Inoltre l’elaborazione del Piano di emergenza non può prescindere dal coordinamento che la Provincia attua verso i Comuni che hanno, a loro volta, il compito di elaborare il piano comunale.

La modalità di organizzazione del Piano comporta una forte collaborazione tra gli enti ed in particolare con i Comuni, primi responsabili sul territorio della gestione del soccorso, ed il Volontariato. La Provincia per la completa realizzazione e per il costante aggiornamento del piano di protezione civile svolge un’attività di coordinamento delle azioni da predisporsi anche a livello comunale e intercomunale, ivi compresa la funzione propulsiva per gli adempimenti di pertinenza dei Comuni e la realizzazione di un sistema di rilevazione dati unico e coordinato.

Struttura del Piano

Il Piano di emergenza globale si compone di piani stralcio relativi alle diverse tipologie di rischio trattate, dove vengono affrontate le tematiche relative:

1) all’analisi degli scenari di evento e di danneggiamento

Con il termine di “scenario” si intende una descrizione verbale sintetica, accompagnata da  cartografia esplicativa, dei possibili effetti sull’uomo, o sulle infrastrutture presenti in un territorio, di evenienze meteorologiche avverse (piene, inondazioni), di fenomeni geologici o naturali (terremoti, frane e valanghe), di incendi boschivi, oppure di incidenti industriali o di veicoli recanti sostanze pericolose. Inoltre si può indicare come “scenario” ogni possibile descrizione di eventi generici, o particolari, che possono interessare un territorio.

La descrizione della dinamica dell’evento si realizza attraverso l’analisi sia di tipo storico sia fisico delle fenomenologie. L’incrocio tra lo scenario di evento e il censimento degli elementi esposti al rischio permette di delineare lo scenario di danneggiamento. L’attività di analisi degli elementi esposti al rischio è perciò contenuta nei singoli piani stralcio: infatti lo scenario di evento è oggetto del Programma Provinciale di Previsione e Prevenzione, mentre una analisi degli elementi esposti al rischio avviene a livello della pianificazione provinciale e comunale di emergenza, utilizzando sistemi di censimento dati che permettono nello stesso tempo di analizzare gli elementi esposti al rischio e le risorse disponibili. Tale lavoro è differenziato per ogni tipologia di rischio che la pianificazione affronta.

2) al modello di intervento di emergenza e di soccorso

Nel modello sono delineate le fasi nelle quali si articola l’intervento di protezione civile, caratterizzate da un livello di tensione crescente nei confronti dell’evento che si sta evolvendo e dove gli scenari costituiscono elemento di supporto decisionale nella predisposizione del modello stesso.
Nel modello di intervento vengono inoltre individuate le strutture operative che devono essere gradualmente attivate, stabilendone composizione e compiti.
Per la predisposizione del modello di intervento è necessario inoltre raccogliere le informazioni relative alle risorse che permettono un intervento rapido ed efficace.
Anche queste sono affrontate nei singoli piani stralcio, andando a costituire una importante banca dati da utilizzarsi in emergenza.

3) al sistema di “comando e controllo”

Il sistema di Comando e Controllo rappresenta la struttura organizzativa attraverso la quale si esercita la direzione unitaria dei servizi di emergenza.

Con riferimento agli eventi classificati dalla Legge 225/92 art. 2 di tipo “b” e “c”, il modello di intervento prevede la costituzione dei seguenti organismi:

  • Centro Coordinamento Soccorsi (C.C.S.), convocato dal Prefetto a seguito del verificarsi di calamità naturali, catastrofi od altri eventi, che determinino una situazione di grave o gravissima crisi;
  • Sala Operativa di Prefettura (S.O.P.), con compiti tecnici ed organizzata secondo le 14 funzioni del Metodo Augustus D.P.C.;
  • Centri Operativi Misti (C.O.M.), struttura operativa decentrata costituita con decreto prefettizio e retta da un rappresentante del Prefetto (es. il Sindaco di un Comune colpito dall’evento calamitoso;
  • Centro Operativo Comunale (C.O.C.), incaricata localmente di interagire con C.C.S. e C.O.M, strutturato anch’esso secondo le 9 funzioni del Metodo Augustus D.P.C.;
  • Unità di Crisi Locale (U.C.L.),  struttura minima organizzativa prevista dalla Regione Lombardia, in particolare per i Comuni di più piccole dimensioni. E’ attivata e presieduta dal Sindaco, che se ne avvale per la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione colpita e composti dai rappresentanti delle componenti del Sistema locale di Protezione Civile.

Aggiornamento del Piano ed attività addestrative

In conclusione, giova ricordare che gli elementi fondamentali per tenere vivo un Piano sono:

  • le attività di addestramento;
  • l’aggiornamento periodico.

Le attività addestrative possono essere svolte sul campo oppure con esercitazioni in bianco, senza dispiegamento di uomini e mezzi. Devono mirare a verificare, nelle condizioni più diversificate, la capacità di risposta di tutte le strutture operative interessate e facenti parte del modello di intervento, così come previsto dal Piano.
Per tale ragione, esse devono essere verosimili e tendere il più possibile alla simulazione della realtà e degli scenari pianificati.
L’organizzazione di un’esercitazione deve considerare in maniera chiara gli obiettivi (verifica dei tempi di attivazione, dei materiali e mezzi, delle modalità di informazione alla popolazione, delle aree di ammassamento, di attesa, di accoglienza o ricovero, etc.), gli scenari previsti, le strutture operative coinvolte, etc.
L’aggiornamento periodico del Piano è, infine,  attività indispensabile per garantire la vitalità e l’applicabilità del Piano stesso. Poiché la pianificazione di emergenza risente fortemente della dinamicità dell’assetto del territorio, sia dal punto di vista fisico, che antropico, occorre tenere costantemente aggiornati i seguenti parametri:

  • l’evoluzione dell’assetto del territorio;
  • l’aggiornamento delle tecnologie scientifiche per il monitoraggio;
  • il progresso della ricerca scientifica per l’aggiornamento dello scenario dell’evento massimo atteso.

Non può essere stabilita una durata predeterminata del Piano, ma obbligatoriamente si deve rivedere e aggiornare il Piano ogni qualvolta si verifichino mutamenti nell’assetto territoriale, o siano disponibili studi e ricerche più approfondite in merito ai rischi individuati, ovvero siano modificati elementi costitutivi significativi, dati sulle risorse disponibili, sugli Enti coinvolti, ed altro. In conseguenza di quanto sopra, la durata del Piano può quindi considerarsi illimitata.

Rita Tazzioli

 

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